L’antica famiglia Toso (o Tosi: in antico, a Venezia, il cognome era spesso “pluralizzato” o “femminilizzato”: donna Tosa) è presente a Murano fin dalla metà del XIV secolo e inclusa nel Libro d’Oro isolano agli albori del XVII secolo. 

Appartenere al nobile registro era considerato un privilegio molto ambito, poiché permetteva a coloro che v’erano iscritti di appartenere ufficialmente alla Cittadinanza Muranese, e poter così in modo esclusivo esercitare l’arte vetraria, oltre che partecipare alla gestione della Magnifica Comunità di Murano.

La Famiglia Toso si contraddistinse nella vita pubblica ed artistica della città, offrendo personalità di valore e spicco a ricoprire cariche di responsabilità, anche in ambito ecclesiastico.

E’ il caso di Giovanbattista Toso, Parroco di San Donato dalla fine del XVIII secolo. 

La presenza massiccia dei Toso o Tosi in un ambito così ristretto come Murano, portò alla nascita di numerosi e spesso coloriti soprannomi, allo scopo di differenziare i vari rami della famiglia. “Borella” è uno di questi.
I Toso Borella si contraddistinsero nell’arte della pittura su vetro e in quella della fabbricazione delle elaborate cornici dei famosi specchi veneziani. 

Verso la fine del XIX secolo, ci fu la rinascita dell’arte vetraria muranese, decaduta notevolmente dopo i domini napoleonico ed asburgico. Si dedicarono alla riscoperta decorazione a smalto su vetro parecchi maestri muranesi quali Giovanni Albertini, Leopoldo Bearzotti, Antonio Tosi.
Tra loro, un posto di rilievo lo merita Francesco Toso Borella. (1846-1905). 

 

Francesco, autodidatta, nel 1873 donò al Museo Vetrario uno splendido piatto ornato a smalti. Raccolse premi e riconoscimenti internazionali a partire dal 1888 e realizzò nella sua isola forse i più bei vetri decorati del suo tempo. In questa ottica vanno citate alcune coppe rosso-violacee decorate a smalti e foglia d’oro graffita; due di queste sono conservate tuttora presso il Museo Vetrario di Murano. Sono firmate seguendo la maniera tipica dei Toso Borella: con le iniziali F(rancesco). T(oso). B(orella).

Nel 1900, Francesco partecipò all’Esposizione Universale di Parigi, ottenendo riconoscimenti che gli valsero fama ed onori. Le sue opere furono apprezzate in tutto il mondo, alla pari di quelle dei grandi Gallè, Daum e Lalique.
Nel 1901, decorò per la Casa Reale dei Savoia 1100 bicchieri in stile floreale che, in onore alla committente, sarà denominato per sempre “Regina Margherita”.

La fama dei Toso Borella indusse le massime autorità a commissionare loro lavori di grande prestigio. Lo stile tipico della decorazione di Francesco differiva da quelli coevi per la grande raffinatezza dei colori e per la delicatezza del segno.
Francesco riprodusse una coppa medievale decorata  trovata a pezzi tra le macerie del campanile di San Marco crollato nel 1902, coppa che venne presentata all’Esposizione Mondiale di St. Louis, U.S.A., nel 1903.


Fu Vittorio (1878–1915) che seguì degnamente le orme del padre. Egli, infatti, fu autore apprezzatissimo di vasi e bicchieri in stile Art Nouveau che lui continuava a firmare con la sigla V. T. B. o V.T.Borella.

La fama dei Toso Borella fruttò caricature, articoli e ritratti su giornali dell’epoca che videro anche parecchie inserzioni della ditta “ Vittorio Toso Borella ”.

Non vanno dimenticate Rosalia, Linda, Alice e Amalia Toso Borella, sorelle di Vittorio, abili pittrici che si contraddistinsero anch’esse nell’arte vetraria propria della famiglia.

Nel secondo dopoguerra la vena artistica vetraria della famiglia Toso Borella sembra indebolirsi in favore dell’altra peculiarità della famiglia, l’arte dei “marangoni” ovvero dei falegnami.

L’attività si orienta perciò più pragmaticamente verso la costruzione di imballaggi e di strutture lignee per specchi, ricevendo anch’essa premi e riconoscimenti internazionali. 

Sarà infine un adolescente e autodidatta Marco Toso Borella, verso la fine degli anni ’70, a riscoprire e recuperare quella tradizione artistica dei suoi antenati elevandola ad un livello superiore di arte pittorica.

Le sue opere non sono più infatti incise su vasi o bicchieri, ma sono dei veri e propri quadri su vetro.
I soggetti delle sue creazioni sono principalmente metafisici, ricchi di simbologia che attinge dalla mitologia classica. Elaborazioni della contemporaneità narrata attraverso una tecnica antica.